Lavoro

La curiosa nascita dell’armonizzazione europea

Il concetto di “armonizzazione” dovrebbe essere il pane quotidiano per chi, come noi, si occupa di marcatura CE. Potrebbe apparire un po’ bizzarro; ma, come spesso succede, nasce da motivi storici fondati e giustificati, e in questo caso pure un po’ curiosi. Prima di svelare quanto si cela dietro al titolo (!), ritengo però opportuno fare un breve ripasso: repetita iuvant!

Generalità

Come noto, l’approccio Europeo alla legislazione che consente la libera circolazione delle merci sul proprio territorio, opera su due livelli:

  1. REGOLAMENTI e LE DIRETTIVE UE: Si limitano a definire i “requisiti essenziali” o “requisiti di sicurezza e prestazione” che i prodotti immessi sul mercato UE devono soddisfare, onde appunto beneficiare della libera circolazione all’interno dell’UE stessa. Questi documenti, perciò, non indicano specifiche tecniche di progettazione e/o produzione; ma requisiti di carattere generale e se vogliamo di buon senso: come ad esempio il fatto che i dispositivi medici sterili mantengano tale stato “nelle condizioni di trasporto e di immagazzinamento specificate dal fabbricante fino a quando non sia aperto il confeziona­mento nel punto di utilizzo” (Regolamento 2017/745, Allegato I, §11.4).
  2. NORME ARMONIZZATE: Rappresentano le specifiche da applicare ad un determinato prodotto, affinché esso incontri i requisiti specificati da Regolamenti/Direttive. E qui, infatti, si scende sul piano tecnico. Esempio: EN ISO 11607-1:2020, relativa agli imballaggi per dispositivi medici sterilizzati terminalmente. (Le norme possono anche essere non strettamente tecniche e legate ad una specifica categoria di prodotti: è il caso della EN ISO 13485:2016).

Mentre i Regolamenti/Direttive sono obbligatori (sempre al fine della libera circolazione all’interno dell’UE), le Norme Armonizzate sono volontarie. Le aziende, cioè, non sono obbligate per legge ad applicarle; e non rappresentano l’unico modo per dimostrare la conformità di un prodotto. Anche se, come vedremo tra poco, è sicuramente il modo più conveniente.

Norma armonizzata

Una “norma” è quel genere di documento che riflette lo stato dell’arte relativamente alle conoscenze in un determinato settore, ed appartiene ad una delle seguenti categorie:

  • Norma Internazionale (elaborata dalla ISO, International Organization for Standardization; o, per il settore elettrico, dalla IEC, International Electrotechnical Commission);
  • Norma Europea (elaborata rispettivamente da CEN, Comité européen de normalisation; o CENELEC, Comité européen de normalisation en électronique et en électrotechnique);
  • Norma Nazionale (elaborata in Italia da UNI, Ente nazionale italiano di unificazione; o CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano).

Una norma diviene “armonizzata” (EN) quando viene adottata dalla Commissione Europea, e pubblicata sulla GUUE (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea).

Nel caso della già citata norma EN ISO 11607-1:2020, ad esempio, essa è stata redatta dalla ISO (che compare, come termine, subito a sinistra di “11607-1:2020”); ed è divenuta armonizzata (“EN”, a sinistra di “ISO”) in seguito alla pubblicazione in GUUE in data 15 Aprile 2021.

Presunzione di conformità

Sempre rimanendo alla norma EN ISO 11607-1:2020, la Decisione 2021/610 della Commissione Europea ha stabilito che, con riferimento alla Direttiva sui dispositivi medici 93/42/CEE:

Gli Stati membri presumono conformi ai requisiti essenziali di cui all’articolo 3 della medesima direttiva i dispositivi medici che soddisfano le norme nazionali corrispondenti, adottate in applicazione delle norme armonizzate i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Questo esempio mostra il vantaggio di adottare le norme armonizzate: le procedure di valutazione della conformità si semplificano (con le modalità descritte nelle singole Direttive/Regolamenti), in quanto l’adozione della norma conferisce una “presunzione di conformità”.

Per la serie: se mi dimostri in modo oggettivo che stai seguendo quella specifica norma armonizzata, allora presumo che i tuoi prodotti siano conformi ai requisiti di sicurezza e prestazioni ad essa riconducibili; e quindi ti concedo procedure semplificate ai fini del tuo ottenimento dell’agognata marcatura CE.

Un altro aspetto, poi, implica che sia “consigliabile” utilizzare le norme armonizzate: un Regolamento quale il 2017/745 sui dispositivi medici, richiede (art. 4 comma l) che i prodotti rispettino i requisiti “tenendo conto dello stato dell’arte”. Per questo, e di solito, gli Organismi Notificati richiedono che venga sempre fatta una gap analysis di confronto tra edizione armonizzata e nuova edizione non ancora armonizzata, appunto per prendere in considerazione lo status quo. (A proposito: ecco un ottimo articolo dello Studio Legale Stefanelli che approfondisce il concetto di “stato dell’arte”).

L’elenco delle norme armonizzate è riportato sul sito della Commissione Europea, in modo specifico per ciascuna Direttiva/Regolamento. Ad esempio, la EN ISO 11607-1:2020, che dal 15 Aprile 2021 è stata “armonizzata per MDD” (cioè per la Direttiva 93/42), non risulta ad oggi ancora “armonizzata per MDR” (cioè per il Regolamento 2017/745). Si tratta di un aspetto sul quale non mi soffermerò, in quanto è molto discusso ed esula da quanto vorrei spiegare qui.

Ma dove nasce questo approccio su due livelli?

DA UN LIQUORE!

E prima che qualcuno si affretti a fare dell’ironia (!), mi spiego…

Nel 1979, una sentenza (nota come “Sentenza Cassis de Dijon”) pose fine a un contenzioso relativo ad un liquore francese: la Crème de cassis.

Cos’era successo?

Il governo tedesco aveva bloccato l’importazione nel proprio territorio del Créme de Cassis, perché il tenore alcolico era inferiore al minimo prescritto dal diritto che in Germania era vigente per i liquori.

L’importatore (tedesco) si rivolse quindi alla Corte di Giustizia Europea… che diede torto all’ente amministrativo tedesco. La Corte, infatti, stabilì che un prodotto conforme a “interessi generali” (più tardi definiti ad es. “requisiti essenziali”) può liberamente circolare all’interno della CEE, ed uno stato membro non può quindi vietarne la commercializzazione sul proprio territorio. Tanto più che, in questo caso, il tenore alcolico modesto del liquore non era in contrasto con gli interessi generali relativi alla salute pubblica.

La “Sentenza Cassis de Dijon” rappresentò un passo fondamentale dei paesi europei verso l’abbattimento delle barriere del protezionismo, specialmente se dovute a motivazioni tecniche.

A seguito di tale sentenza, fu accantonato il cosiddetto e precedentemente applicato “vecchio approccio” (dove ogni legge cogente copriva tutti gli aspetti relativi ad un prodotto, anche quelli tecnici), a favore del “nuovo approccio“, che prevede i due livelli descritti ad inizio articolo.

Non tutto l’alcool viene per nuocere!

Per approfodimenti

Per chi fosse interessato e/o sentisse di avere qualche lacuna su questo argomento, consiglio sicuramente la lettura della “Guida blu all’attuazione della normativa UE sui prodotti” (documento 2016/C 272/01), che è datata 2016 ma ancora molto attuale, e descrive in modo esaustivo tutti gli aspetti relativi al “nuovo approccio” unitamente a tutti gli attori qui coinvolti.

Una lettura a parer mio indispensabile, per chi si occupa di marcatura CE.

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