Lavoro,  Riflessioni

Il dipendente e l’uovo di Colombo

Quando si guarda un’opera di arte moderna, viene spontaneo dire: “E capirai!, ero capace di farla anche io!”. Ma come in tanti osservano (es. Bonami), la situazione è un po’ simile all’Uovo di Colombo: una volta che è stato fatto, sono capaci tutti di farlo; ma la vera cosa difficile, è capire come farlo la prima volta.

Lo stesso vale per la risorsa umana in azienda, specie quella che è in grado di fornire un valore aggiunto con le sue idee, la sua progettualità, il suo intuito. Quei valori che spesso si danno per scontati una volta acquisiti, ma che inizialmente non erano scontati per nulla.

La risorsa umana, cioè, non vale solo per “quello che fa”, ma anche (se non soprattutto) per “quello che porta”.

Le mansioni operative, si può essere tentati di farle fare ad un automatismo (es. Macro Scheduler) o a un’altra persona che costa meno e può venire addestrata. Viste su un mero elenco, infatti, il “quello che fa” non desta grande preoccupazione.

Ma il valore portato ed aggiunto che trascende l’operatività pura… beh, quella è tutta un’altra storia.

Il metodo di lavoro, la forma mentis, gli strumenti, le ideazioni, l’approccio relazionale… quelle, vengono perse per sempre, se il dipendente viene perso.

Io ritengo quindi che l’imprenditore, di fronte ad un dipendente che manifesta la volontà di andarsene, dovrebbe ragionare prima di tutto in questi termini. Cosa avrei perso, se lui non fosse stato assunto? Cosa perderò in futuro, stante la sua assenza?

Il presente, in qualche modo, si riesce sempre a gestire: magari a discapito di altri (che ricevono il carico di lavoro lasciato) e quindi di insoddisfazione… ma in qualche modo si gestisce.

Il nocciolo della questione è creare lo strumento, non usarlo. Ad usarlo, siamo buoni tutti!

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