Lavoro,  Riflessioni

La lezione del Challenger

La cabina di pilotaggio restò integra, ma fuggire sarebbe stato impossibile: i sette membri dell’equipaggio non indossavano tute pressurizzate, e lo Shuttle non disponeva di seggiolini eiettabili. Si può solo sperare che abbiano rapidamente perso conoscenza, prima di schiantarsi in mare a oltre 300 km/h.

Ma come mai avvenne tutto questo, la mattina del 28 Gennaio 1986?

Apparentemente, la colpa fu di una guarnizione in gomma del tutto simile a quella delle caffettiere moka: un o-ring collocato su un booster (razzo a propellente solido usato nel decollo), necessario a tenere accoppiate le paratie isolanti del booster stesso.

La mattina del lancio faceva molto freddo (2.5°C), e durante la notte si scese anche sottozero. Lo Shuttle non aveva mai decollato con temperature così rigide. In quelle condizioni, l’o-ring perse elasticità: sottoposto a compressione durante il decollo, non tornò nello stato iniziale… causando un disaccoppiamento nelle paratie isolanti del razzo. I gas caldi fuoriuscirono, causando la rottura del booster, e il suo collasso strutturale. La navetta si sbriciolò.

Un pezzo di gomma! Possibile?

Che la gomma perda elasticità a temperature basse, è noto. Così come erano ovviamente note le condizioni metereologiche al momento del lancio.

Le indagini successive al disastro, infatti, evidenziarono ben altre cause effettive:

  • Il lancio era già stato rinviato più volte, ed un ulteriore ritardo avrebbe compromesso il regolare sviluppo del programma e dei lanci futuri.
  • I dirigenti della NASA si rivelarono poco propensi ad ascoltare i loro tecnici, che li avevano avvertiti sulle possibili conseguenze di temperature basse al momento del lancio.
  • Il fornitore di booster dapprima segnalò ma poi minimizzò le problematiche sulle temperature di esercizio degli o-ring, quasi per “non creare noie” al principale cliente.

Morale della favola?

La “non-qualità di gestione” crea disastri!

Il povero o-ring non aveva colpa. Poteva solo fare quello che era in grado di fare, nei limiti imposti dalla natura, e comunque più grandi di lui.

Quante volte, di fronte ad un errore, diamo la colpa agli o-ring anziché cercare di capire le reali cause?

Quante volte ignoriamo come l’errore sia spesso prodotto da una catena di situazioni “umane”, quasi sempre evitabile?

Quanti disastri si potrebbero evitare se gestissimo le cose bene sin da subitosenza fretta, con la massima trasparenza verso noi stessi e gli altri, lasciando da parte gli egoismi e le false verità?

L’equipaggio del Challenger

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