Lavoro

L’assenza di evidenza è evidenza di assenza?

Stiamo parlando di audit, ovviamente. E stiamo parlando della situazione in cui non si riscontra evidenza oggettiva del soddisfacimento di un requisito normativo.

Possiamo dire, in questo caso, che siamo inequivocabilmente di fronte ad una non conformità?

La risposta è ovvia, ma non banale.

Lasciando da parte il caso del “dolo” (cioè la situazione in cui questa assenza di evidenza sia voluta ,e qui è un “si”, senza se e senza ma), esistono però situazioni in cui l’azienda avrebbe voluto… ma non può. E non per propria scelta.

Prendiamo il caso della progettazione: non sempre è possibile avere tutti gli anni attività di questo tipo, anche se sono nel campo di applicazione del certificato. Nell’ambito dei dispositivi medici, ad esempio, la possibilità di modifiche a un legacy device sono assai ridotte. Oppure, semplicemente, non ci sono risorse (vuoi umane, vuoi finanziarie) per nuovi progetti.

Quindi si potrebbe dire che la procedura esiste, anzi in passato ha pure funzionato bene; ma ora è “dormiente”. Che colpa ne ha, l’azienda?

Nessuna, ovviamente.

Il problema è che le evidenze sono comunque necessarie per dimostrare la conformità, e su questo non esistono deroghe.

L’auditor non può mettere una spunta sulla checklist senza supportarla con dati: come diceva Deming, senza dati siamo solo persone con un’opinione.

Cosa può allora fare l’auditor?

Se è una verifica di sorveglianza (quelle successive al rinnovo del certificato e fino a scadenza dello stesso), può modificare il campionamento, prevedendo il processo “dormiente” per l’anno successivo – sempre che sia possibile e/o permesso dai requisiti regolatori. Non è il massimo della vita (si sta spostando il problema) però si salvano capra e cavoli.

Ma qualora questo spostamento non sia possibile (ad esempio in caso di audit di rinnovo del certificato, quando i processi vanno visti tutti), allora le soluzioni non sono molte. Anzi, a me ne vengono in mente solo due:

  • Un rilievo; oppure
  • Una riduzione del campo di applicazione del certificato (se possibile) con stralcio di quel processo privo di evidenze.

Non si scappa. E’ doloroso, ma non si scappa.

Ritengo importante, quindi, che le aziende siano ben consapevoli di questo aspetto: “Non abbiamo potuto”, è una giustificazione che purtroppo – quando si parla di certificazione – non basta.

L’auditor infatti ha bisogno di verificare che la procedura abbia “girato”… Perché altrimenti l’autorità competente farebbe a lui il medesimo rilievo che lui non ha fatto all’azienda. (Non dimentichiamo che anche gli Enti di Certificazione sono sottoposti a verifiche, esattamente come le aziende!).

Nel caso specifico della progettazione, anche un minor change – se gestito come da procedura: piano, dati in ingresso, verifica, riesame, ecc – può essere sufficiente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *