Riflessioni

La ricetta per superare le difficoltà

Cordillera delle Ande peruviane, 22 Marzo 1985. Durante la discesa dalla vetta del Siula Grande (6260m), l’alpinista britannico Joe Simpson si ritrova in una situazione assai poco raccomandabile: è solo, sul fondo di un crepaccio alto trenta metri, ed ha una gamba rotta.

E’ successo che il suo compagno di cordata, Simon Yates, ha reciso la corda con la quale lo stava calando.

Non aveva scelta: il peso di Simpson avrebbe trascinato anche lui, e l’istinto di sopravvivenza ha prevalso.

Incapace di ritrovare l’amico, Yates lo abbandona al suo destino, tornando a valle… Devastato dai sensi di colpa

Una situazione estrema

Non che fossero state rose e fiori, per Simpson, sino a quel momento. Simpson, abbiamo detto, ha una gamba rotta; e infatti poco prima aveva avuto un incidente piuttosto serio.

Era caduto verticalmente sulla gamba destra… subendo un colpo tale che l’osso era uscito verso l’alto, sfondando il ginocchio. Gli era diventato impossibile anche solo appoggiarla, quella gamba; e per questo doveva farsi calare dall’amico.

Adesso, poi, precipita nel crepaccio!

Ma qui, se non altro, Simpson ha avuto un pizzico di fortuna: la sua caduta è stata rallentata da un piccolo pianoro ghiacciato.

E’ ancora vivo! Sul fondo di quel crepaccio, ma vivo.

Il cono

Nonostante il dolore, la situazione, e lo sconforto, Simpson non perde lucidità.

Grato per essere sopravvissuto alla caduta, prende la torcia dallo zaino, e studia attentamente la situazione circostante.

In fondo, dove le pareti convergevano senza tutta via toccarsi, il crepaccio si era riempito di neve, evidentemente caduta dall’alto. Un cono bianco saliva dal pavimento sino al tetto.

Simpson capisce che quel cono è la sua unica possibilità di salvezza per uscire dal crepaccio: deve arrampicarsi. Anche se può contare su una sola gamba sana.

Ripetizioni

L’impresa sembra disperata, ma in lui improvvisamente si dissolvono stanchezza e demotivazione: ha trovato una via d’uscita, e questo gli da’ la spinta motivazionale necessaria.

Come arrivare fin lassù, e quanto tempo ci avrei messo, erano domande che non mi ponevo. Sapevo che cosa volevo.

Tra il dire e il fare, però… si sa.

L’unico modo per salire lungo il cono con una gamba sola, è scavare una serie di gradini man mano che si sale, saltando da quello più basso a quello più alto, aiutandosi con la picozza.

E’ un’impresa al limite dell’impossibile.

Ma Simpson si concentra sulla ripetizione delle prassi collaudate, senza perdere lucidità:

Le sequenze! Mi tornò in mente la successione di movimenti che avevo adottato sulla cresta per traversare il colle. Quello era il sistema giusto: trovare una sequenza di movimenti, e ripeterla invariata fino alla fine.

Dopo cinque ore, sfinito e felice, Simpson esce dal crepaccio.

Il ghiacciaio

Ma non è ancora salvo. Bisogna scendere dalla montagna e raggiungere il campo base!, che è lontano… molto lontano.

Continuando a usare una gamba sola, tra fatiche e sofferenze indicibili, Simpson procede lungo il ghiacciaio alla base del Siula Grande.

Cade più volte, ma si rialza sempre. La sua volontà è di acciaio: non fermarti, hai riposato anche troppo, prosegui, tieni duro…

Passa la notte in una buca che scava nella neve, e al mattino prosegue.

La pietraia

Il ghiacciaio lascia il posto alla pietraia, ed è solo a metà strada.

Ma Simpson non si perde d’animo… Anche se deve strisciare sul fianco sinistro, perché i sassi gli impediscono di procedere in piedi su una gamba sola.

Con scrupolo ossessivo, mi cronometravo: quella pietra laggiù, mezz’ora per raggiungerla. (…) Guardare l’orologio divenne parte della sequenza… Piccozza, gamba, appoggio, salto, orologio…

Lui non pensa al “dopo”: si concentra solo sul prossimo e piccolo obettivo. Quando dimentica di farlo – e ad esempio pensa a “casa”, al campo base – ecco che cade preda dello sconforto e delle voci nella sua testa che gli dicono: non ce la farai mai, è troppo lontano, morirai su questa pietraia…

Commozione e incredulità

Ma lui non si ferma. Continua a muoversi, a lottare.

Dopo una seconda notte all’addiaccio, stremato per la mancanza di cibo e acqua, Simpson arriva finalmente al campo.

Ma non ce la fa più.

Lasciai cadere la testa sul petto, dimenticai il buio e piansi. Di dolore e di rabbia. Ne avevo abbastanza. Non ce la facevo più. Abbastanza di tutto.

Ha appena la forza di urlare il nome dell’amico, con tutto il fiato che gli è rimasto.

E per fortuna, è sufficiente.

Yates lo soccorre e lo abbraccia… commosso ed incredulo.

Morale

Questa è una storia vera, che Joe Simpson racconta nel suo bel libro “La morte sospesa” (Corbaccio).

E’ anche la storia di una situazione estrema, ovviamente. Le nostre sfide quotidiane – sul lavoro, a casa, nelle nostre passioni – sono quasi sempre ben poca cosa rispetto a quanto ha dovuto affrontare lui.

Ciononostante, io credo che da questa storia si possa trarre un bell’insegnamento circa il metodo con cui affrontare le difficoltà – a prescindere dal contesto.

Come uscire, cioè, dai nostri crepacci personali? Nel modo in cui ne è uscito Joe Simpson:

  • TENERE DURO. Mettendo la volontà davanti a tutto… un passo innanzi all’altro.
  • IGNORARE LA “MENTE CHE FRENA”: i pensieri negativi, la razionalità che affossa, i preconcetti (nostri o altrui) che ci danno per spacciati in partenza.
  • AFFIDARSI ALLE PROPRIE SEQUENZE: le nostre prassi sicure, le nostre abitudini consolidate, quelle che ci danno sicurezza e fiducia e nelle quali ci sentiamo come a casa.
  • RAGIONARE PER OBIETTIVI, anche se piccoli; senza farsi distrarre, e senza pensare eccessivamente al “dopo”. Stabilire una piccola e prossima pietra miliare, e concentrarsi su quella.

Per tutti

Ma sapete qual’è, secondo me, la notizia più bella?

Che tali possibilità sono disponibili per tutti!

Non richiedono abilità, competenze, skill o preparazioni particolari. Di sicuro Simpson era in ottima forma fisica, ed aveva l’esperienza di un alpinista scafato: un aiuto non da poco. Ma senza tenacia, positività, prassi e obiettivi, non ne sarebbe mai uscito vivo.

Il successo, infondo, non è dei predestinati; semplicemente perché i predestinati non esistono.

Il successo è di quelli che non mollano mai.

(In capo a due anni, ed anche se i medici avevano detto che non avrebbe più potuto praticare questo sport, Joe Simpson tornò ad arrampicare con regolarità. Oggi è scrittore e conferenziere motivazionale.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *